L’Informatore Agrario n°38/2016
Programmi regionali di sviluppo agricolo sono ormai operativi. Le Regioni, pur con tempestività diverse, hanno emanato i primi bandi e l’attività sta entrando nel vivo. Proviamo a dare uno sguardo al settore cerealicolo-zootecnico. L’avvio dei Psr coincide con una crisi e una situazione che non credo sia esagerato defi nire storica. Eravamo abituati a crisi periodiche, dovute all’andamento fi siologico della domanda e dell’offerta. Questa volta appare profondamente diversa a causa della coincidenza di più fattori. L’offerta, nonostante la continua emorragia delle aziende, continua ad andare più veloce della domanda; i consumatori, a loro volta, stanno sempre più contraendo la domanda, perché i nutrizionisti sono quasi tutti concordi nel suggerire un abbassamento del consumo di latte, carne rossa e grano. Si sa, questi tre prodotti sono commodity, il loro prezzo non è legato alla qualità, ma all’andamento mondiale dei mercati. Tutto il latte viene miscelato durante la raccolta e lo stesso vale per la carne e il grano. PARAMETRI DELLA QUALITÀ DA CAMBIARE L’industria di trasformazione ha provato a mettere in piedi un sistema di qualità ma, di fatto, ha privilegiato parametri quantitativi che danno una misura della resa fi nale, ma non della qualità del prodotto. Per tutti la proteina, che infl uisce sulla resa del latte e sulla tenuta della cottura della pasta. Ma i profumi, i sapori, l’aroma e il valore nutrizionale dipendono da polifenoli, terpeni, fl avonoidi e dall’equilibrio antiossidanti/acidi grassi. Parametri questi che, a loro volta, non dipendono, se non in maniera marginale, dalla razza o dalla varietà, bensì dal sistema di produzione, come ha dimostrato il mondo del vino. Per tenere a bada la concorrenza, per poter conquistare nuove fette di mercato, i produttori abbassano i costi aumentando i livelli produttivi. Con il miglioramento genetico la resa non cambia,
il livello proteico si mantiene elevato, ma la qualità nutrizionale e aromatica non può che peggiorare. Un paradosso per questi prodotti: nel momento in cui il mercato chiede il legame con il territorio, il settore risponde con il modello «tutto uguale», la commodity. In una situazione del genere, non possiamo non richiamare alla mente il famoso aforisma di Seneca: «Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare». Lo sviluppo non si fa (solo) con i soldi, ma con buone idee e con persone che sappiano portarle avanti. Ma quali sono i modelli a disposizione? A parte quello eterno della riduzione dei costi, che sappiamo già dove porta, in questa programmazione verranno molto utilizzati il minimo intervento e la semina sul sodo. Questi due interventi potrebbero dare risultati interessanti se si andasse fi no in fondo, se si prendesse in considerazione la qualità del prodotto fi nale, del grano o del fi eno. Se si andassero a studiare gli effetti di questa tecnica sul valore nutrizionale e aromatico del prodotto fi nale. Ma questo presuppone che il settore sia pronto a rimettere in discussione l’approccio culturale su cui ha basato i modelli colturali degli ultimi decenni. Un problema si risolve se si individuano le cause che l’hanno determinato. Nel nostro caso è la commodity che ha determinato e determina il «caos calmo» del settore. Dobbiamo recuperare il legame con il territorio e livelli produttivi e qualitativi che siano voluti e non casuali. Esattamente come fa il mondo del vino. Il legame con il territorio si recupera dando risalto al ruolo delle erbe, alla loro diversità che infl uisce in maniera determinante sulla complessità aromatica e nutrizionale di latte e carne. Nel caso del grano la diversità dei microambienti potrà avere un’importanza determinante sulle componenti aromatiche e sull’equilibrio complessivo della pianta. La qualità nutrizionale e aromatica dipende dal sistema produttivo e dalle rese, risultati che si ottengono se queste tecniche sono ben defi nite e codifi cate. SERVONO PROGETTI DI FILIERA Oggi, quindi, abbiamo le conoscenze e gli strumenti per offrire al consumatore quello che cerca, o che gli farebbe piacere ritrovare sui banchi della gdo o delle gastronomie. Ma la fi liera è lunga, a chi tocca fare il primo passo? Il produttore primario è disponibile a produrre qualità, ma vuole un giusto prezzo; l’industria non avrebbe problemi a differenziare l’offerta in base alla qualità della materia prima, ma dubita che il consumatore sia pronto a riconoscere e a pagare, a un prezzo più elevato, un prodotto che fi no a ieri ha trovato a costi inferiori. Ecco perché, oggi come non mai, occorre un progetto interdisciplinare e che interessi tutta la fi liera, dal produttore al consumatore, passando per il trasformatore, il negoziante, la gdo, la ristorazione e, cosa non secondaria, il mondo della medicina. Ma, visto che il modello è lo stesso per tutti, i progetti potrebbero essere strutturati anche fra fi liere, come nel caso del settore cerealicolo-zootecnico. Una rivoluzione, ma i tempi sono maturi. E il Psr prevede, anzi pretende, l’approccio di fi liera e, in alcuni casi, anche quello interfi liera. Roberto Rubino Presidente Anfosc