Produrre meno produrre meglio

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di Stefano Polacchi 

Lavorare meno, lavorare tutti. Una volta era lo slogan della sinistra extraparlamentare.
Con gli anni, poi, diversi Paesi hanno cominciato a sperimentare
questa strada – e non si tratta di regimi comunisti! – e ora lo stesso tema
del digital e dell’Intelligenza Artificiale pone con forza la necessità di lavorare
meno tendendo – questa la sfida – a lavorare tutti (o almeno il più possibile).
Lo stesso dilemma, anche con aspetti in parte differenti, si pone nel mondo
della produzione. Parliamo in particolare della produzione agricola in cui la
concorrenza tra Paesi con standard lavorativi avanzati pagano la concorrenza
con quelli in cui gli standard e le garanzie sia per i lavoratori che per
l’ambiente sono assolutamente molto, molto meno stringenti.

Le battaglie degli agricoltori per il prezzo del latte hanno preceduto quelle
per il prezzo della farina, della frutta e della verdura. Le richieste degli
imprenditori scuotono – lo vediamo ogni giorno – il mondo della politica
nazionale e globale. I raccolti vengono pagati spesso meno di quanto
costi produrli, per poi trovarli sugli scaffali della grande distribuzione a costi
moltiplicati per i consumatori. In Francia – lo abbiamo riportato pochi giorni
fa anche sul nostro sito – vengono estirpati i vigneti per avere una minore
produzione e per tentare di tenere i prezzi più alti. Da noi, invece, mentre i
trattori marciano su Roma e su Bruxelles, ci sono “sindacati” dei produttori
che rivendicano la necessità e il dovere di poter produrre di più per garantire
l’autosufficienza alimentare. Come se il problema del mercato (e del
business) del cibo fosse una questione chiusa nei confini nazionali.
Già da tempo il mondo della moda, che ai mercati e alle sfide globali
è molto più sensibile rispetto a quello degli imprenditori agricoli, si sta
ponendo il tema: produrre meno, produrre meglio. Si tratta di analizzare sia
cosa produrre che come farlo. La riflessione attraversa sia i campi della
sostenibilità che della “qualità” (concetto quest’ultimo che risponde a criteri
mutevoli in base alle diverse situazioni sociopolitiche di un Paese): due
campi che sempre più si intersecano.
Roberto Rubino, ex dirigente e ricercatore del Centro di ricerca alimenti e
nutrizione nonché ideatore del Latte Nobile e grande autorità nel campo
della caseificazione, ha più volte lanciato la provocazione: produrre meno,
produrre meglio. Un concetto che si basa sulle classiche leggi di mercato
della domanda e dell’offerta. Più qualità e più possibilità di scelta da
parte dei consumatori in base a prezzi che si differenzino sulla qualità. Un
formaggio di pascolo o da mucche alimentate a erba o fieno deve costare
di più di uno da latte di mucche nutrite a insilati. Concetto semplice. Il punto
è che si dovrebbe muovere anche la politica: puntare su standard e certificazioni,
dire al mondo perché sarebbe meglio comprare italiano e non solo
in base al nazionalismo alimentare. A fronte di ciò, i produttori dovrebbero
avere una voce più chiara e consapevole: non si risolve il problema con
più pesticidi, ma con più qualità.

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