Il cilento può fare grandi formaggi. La lunga marcia è incominciata

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Si è conclusa a Fortino – frazione di Casaletto Spartano – l’ultima delle tre giornate formative promosse da Anfosc nell’ambito dell’iniziativa “I formaggi caprini a coagulazione lattica”.

Tirando le somme qual è stato il risultato?

Considerando l’entusiasmo generale dei partecipanti ne viene fuori la quasi certezza di poter intentare una prima, pur tranquilla, rivoluzione casearia cilentana.

Il latte del Cilento non delude, infatti, le aspettative, confermandosi un fiore all’occhiello nel settore latteario-caseario.  E la prova arriva con le forme di robiola prodotte nei tre diversi caseifici che hanno ospitato l’evento (La Petrosa,  Mezzapelle e Amato – dove in quest’ultima è stato utilizzato il latte di capra prodotto dall’azienda Martorella): “tecnicamente l’acidità era buona, anche se c’è da lavorare sulla struttura che si è mostrata ancora troppo elastica. Ma il gusto è pieno, complesso e variabile” – afferma il presidente di Anfosc Roberto Rubino al termine di un confronto degustativo.

Un passo alla volta, quindi, ma le cose possono cambiare: bisogna solo avere bene in mente gli obiettivi da raggiungere. E Anfosc con il suo evento  sembra aver dimostrato come un’adeguata formazione professionale possa far accrescere  le abilità e le autonomie dei casari o di chi si appresta a diventarlo. Perché non ci si improvvisa di certo in questo settore, ma attraverso la consapevolezza e un approccio scientifico anche a chi non è un veterano vengono offerte basi solide per incominciare.

“Il cambiamento richiede una formazione adeguata e una coerenza nel lavoro da svolgere. Il Cilento vive di una materia prima invidiabile, ma è importante lavorare sulle conoscenze teoriche  di chi vive in questa terra”.

E dice bene Rubino, soprattutto pensando ad una territorio che ha bisogno di ritrovare nuovi impulsi economici e produttivi. “Simili eventi uniscono la stessa comunità  agricola. E la sperimentazione fa bene a noi, casari da sempre, ma può dare spazio anche ai  giovani” osserva Antonio Lo Quercio patron del caseificio Mezzapelle.

“Di giornate formative come queste ne dovremo fare molte di più” – secondo Pasquale Scotellaro – “ampliare  le nostre capacità produttive equivale, infatti, anche a riconoscere e incontrare il gusto di altri consumatori”.

Il titolare dell’azienda Martorella si riferisce all’emblema simbolo del latte di capra che con il suo presidio slow food del cacioricotta sembra, infatti, essere diventato, croce e delizia per gli stessi casari. Perché dici formaggio del Cilento e dici cacioricotta. Ma la nicchia non è mai il mercato “e la maggior parte delle nostre vendite non supera quasi mai neppure i confini della Campania”.

Una proposta diversificata sembra essere allora l’antidoto a quelle distese di terreni abbandonati e a intere generazioni in trasferta verso nuove e più rassicuranti mete lavorative “se proviamo a produrre anche altre tipologie di formaggi, diverse dal solo cacioricotta, potremo incontrare palati diversi. E’ una soluzione per non perdere la nostra cultura, cercando, però, di acquisire nuove fette di mercato che altrimenti non riusciremo mai a raggiungere”.

Che sia allora la robiola il nuovo punto di partenza?  Una democrazia “alimentare” (e anche lavorativa) potrebbe partire proprio da qui.

E nel mentre c’è già tanta attesa per i prossimi eventi di Anfosc.