Gonfiore del decimo giorno

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II gonfiore del decimo giornoIl difetto del  gonfiore decimo giorno è cosi chiamato perché si manifesta nei formaggi dopo 10-15 giorni dalla produzione. Questo difetto è ricorrente nei formaggi ovini e in particolar modo nel pecorino romano.  Il produttore confonde  questo difetto con un gonfiore  di  lieve entità  mentre il consumatore  lo considera come difetto di stagionatura o cattiva questione della stagionatura. Il gonfiore del decino giorno, non  porta quasi mai ad un elevato decadimento  del formaggio, tale difetto coinvolge solo la struttura quasi mai è associato ad alterazione dell’aroma, dell’odore e del gusto.

Ho incontro  con una certa frequenza questo difetto  negli allevamenti ovini intensivi  che utilizzano nella razione alimentare gli insilati. Non immuni da questo difetto  sono anche i piccoli allevamenti, dove gli animali sostano su lettiere  umide  rinnovate con poca  frequenza e negli allevamenti con scarsa  igiene della  mungitura. Ulteriore causa  di contaminazione  è l’utilizzo  del caglio in pasta poco stagionato dove i batteri eterofermentanti possono annidarsi

Il  difetto è dovuta alla presenza nel latte,  di   lattobacilli eterofermentanti (Lactobacillus fermentum, Lactobacillus reuterii, Lactobacillus brevis, etc). Queste specie, sono in grado di fermentare il lattosio e i citrati e produrre diverse sostanze, fra le quali l’anidride carbonica  che  accumulandosi nella pasta del  formaggio causa  la formazione di occhiature e di sfoglie. In genere le occhiature  si formano nella parte centrale  più morbida del formaggio perché più umida e le sfoglie o spaccature nella parte periferica  dove il formaggio è più duro.

 Per evitare  questo difetto eliminare dalla razione l’uso degli insilati, mantenere pulite e asciutte le lettiere  e soprattutto curare l’igiene della mammella nella fase di mungitura, attuare procedure per una rapida e corretta acidificazione del formaggio come utilizzo impiego un buon siero innesto di una coltura lattica che può contrastare l’azione dei batteri anticaseari. Utilizzare caglio in pasta con almeno 4-5 mesi di stagionatura   conservato a temperature di 2-4°C.

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