di Piero Schirripa
Del maiale, specie se nero d’Aspromonte, non si butta via nulla.
Una razza rustica, dal mantello scuro, caratterizzata dalla presenza di bargigli (margare in dialetto calabrese), allevata in maniera brada in Aspromonte fin dall’antichità greco-romana e nutrita come si deve, grazie alla presenza di castagni e roveri, che sorgono lungo la costa ionica e risalgono verso l’Aspromonte.
Un suino che era in via di estinzione perché, come tutti i neri, ritenuto economicamente non remunerativo rispetto agli altri, da allevamento intensivo e con crescita più veloce. Vien da sé che per ottenere un maiale pesante (180 kg) ci vogliono quasi due anni, di vita e di lavoro, a differenza dei 10/14 mesi necessari per un bianco. Con conseguenze facilmente intuibili in fatto di prezzo. Ma se parliamo di genuinità e salubrità, allora la storia cambia.
Parliamo di almeno 15 anni fa e di una cooperativa, la “Valle del Bonamico” che s’imbatté in ostacoli e fraintendimenti istituzionali e fu distrutta con violenza. Ma l’idea era tanto buona che il fiume carsico di quei semi gettati ha prodotto un successo tanto postumo (la cooperativa è morta) quanto grande.
Sono partiti da questo seme i quindici produttori che condividono – letteralmente – il maiale. Nel senso che comprano i suini assieme, e poi li suddividono in base alle rispettive esigenze.
Il progetto, imbastito nel 2006 in collaborazione con le Università di Bologna, di Reggio Calabria e di Campobasso, per promuovere le antiche razze suine a rischio d’estinzione e la produzione di salumi di qualità, si è concretizzato ed è diventato impresa volta all’ottimizzazione produttiva nella filiera delle carni fresche e trasformate.
Le singole aziende agricole, che più che allevare questa razza la monitorano, per tenere sotto controllo genetico le nascite e integrano l’alimentazione nei periodi di magra.
Si tratta di ceci durante il periodo dei parti, per proteggere e svezzare le cucciolate. E fave in pieno inverno, durante il periodo della cattura.
Gli allevatori, poi, intensificano il foraggiamento soltanto negli anni in cui il bosco è povero di frutti, soprattutto di ghiande. Sono sempre le aziende che si occupano della cattura.
Tra i clienti di queste aziende aspromontane, il Salumificio Gerini, che trasforma le cosce in prosciutti, secondo la tradizione toscana e sta inoltre sperimentando la combinazione di questo suino con prodotti come il Vitellone Chianino.
Il risultato per ora ottenuto è il salamino misto bovino e suino, e un ottimo ragù. Produce soli prosciutti Simone Fracassi dell’omonima macelleria, fondata nel 1927 nel cuore del Casentino. Per ultimo ma non in ultimo, sono clienti abbastanza affezionati, per i maiali più pesanti, i fratelli Spigaroli, dell’Antica Corte Pallavicina, a Zibello, naturalmente per i loro importantissimi e rinomati culatelli.
Aver citato la rete lunga dei rapporti ci serve per blasonare il target di produzione…in zona le salsicce, le soppressate, i lardi, i capocolli ed ora anche le mortadelle ed i prosciutti cotti, si possono trovare a questi indirizzi:
- salumeria macelleria di Bruno Piccolo, a Locri, 349-1745005;
- azienda agricola barone Macrì, a Gerace, 335-1283052;
- salumeria macelleria di Domenico Commisso, a Siderno, 392-0965067;
- salumificio Fragomeni, a Siderno, 334-2438177;
- salumeria macelleria di Bruno Marzano, ad Ardore, 328-4275258.
- Ristorante con rivendita prodotti La Cascina di Roccella Ionica 0964-866675
- Butcher’s Bistrot Gallico Superiore 0965-373288 320-2391748