È lecito chiedere almeno due menù diversi per qualità e non per quantità
di Roberto Rubino
Forse non è il momento, il mondo della ristorazione ha altro a cui pensare, ma, se non ora quando, visto che la situazione ci costringe, tutti, a rivedere e ripensare il futuro che immaginiamo.
E allora voglio portare all’attenzione dei ristoratori un’esigenza mia personale che diventa sempre più cruciale per me e che posso sintetizzare in una frase: mi piacerebbe che ci fosse più democrazia nell’agroalimentare e, quindi, anche nella ristorazione.
Provo a farmi capire.
Vado in un bar e trovo un solo caffè, che è anche una miscela e che ha lo stesso prezzo, in tutti i bar della città e per anni.
Tutto uguale? E comunque io non ho scelta.
Vado in macelleria e c’è un solo tipo di carne, allo stesso prezzo sempre e comunque.
Stessa cosa potrei dire per il riso; il latte e le farine vengono tutte miscelate.
Come il petrolio.
Ma torniamo ai ristoranti.
Ho girato molto e ho frequentato ristoranti di tutti i tipi, anche pluristellati, soprattutto all’estero.
Fino a pochi anni fa non avevo approfondito il gusto e i fattori che lo determinano e quindi, in questi ristoranti, mi facevo affascinare dalla tipologia del piatto, dalla preparazione, dalla originalità.
Da qualche anno invece esco sempre deluso e ogni volta mi verrebbe voglia di suggerire al ristoratore il nome da dare al menù: elogio dell’insapore.
Eh sì, perché raramente ho trovato un piatto che avesse un gusto marcato, quasi sempre anonimo.
Io so il perché e non me la prendo con il ristoratore.
Nei miei studi sulle relazioni fra fattori di produzione e livello qualitativo della materia prima, mi sono accorto che il mondo della ricerca ha appena sfiorato il tema del gusto, senza però porselo come tema centrale. Mi spiego meglio.
Di un alimento noi prendiamo in considerazione l’aroma e il gusto.
L’aroma è dovuto alle molecole volatili (terpeni, aldeidi, chetoni, acidi, alcoli), e questo è noto e da tutti accettato.
Però si sa meno molto poco da cosa dipenda il contenuto di queste molecole. Nel caso del gusto l’unica cosa che si sa è che dipende da molecole non volatili.
Quali? Boh, si dice che dipenda dall’insieme delle molecole al momento presenti in quel contesto. Insomma, non si sa granché.
E allora perché mai si dovrebbe pretendere dai ristoratori una conoscenza ed una consapevolezza che il mondo della scienza, che dovrebbe produrre le informazioni del caso, non ha?
E fin qui, nulla questio.
Però una qualche domanda in merito ce la possiamo porre? Se non conosciamo le ragioni del gusto e se questo è casuale, ma come mai nessuno si è mai posto la questione?
Perché la stampa enogastronomica e tutto il contorno, compresi i ristoratori non fanno altro che decantare in maniera spropositata la gastronomia italiana senza minimamente accennare a questo che è “il problema” dell’agroalimentare e della gastronomia?
E allora credo di poter porre la domanda o meglio espongo un mio desiderio: mi piacerebbe andare in un ristorante e trovare due, tre menù diversi non per il numero di piatti, ma per il livello qualitativo della materia prima.
A cosa mi serve mangiare più piatti, se l’insapore è sempre dietro l’angolo? Voglio pagare di più ed avere la certezza che tutto quello che io assaggio abbia il livello di gusto che mi aspetto.
Recentemente sono stato in un ristorante a Monaco. La carne che ci hanno servito era stupenda. Mio figlio mi fa notare la tovaglietta di carta che era sotto il piatto.
C’era un disegno che indicava il luogo di provenienza dell’animale, il tipo di pascolo e il tipo di pascolamento.
Ecco, mangi bene e apprendi anche come si ottiene la qualità.
Torniamo ai tre menù.
Circa un anno fa feci questa stessa domanda ad un famoso ristoratore di Roma.
Mi rispose che questa proposta non era fattibile perché significava dover ammettere di avere nel menù un prodotto più scadente dell’altro.
Risposta al tempo scontata, anche perché quel ristoratore non mostrò alcuna curiosità verso un possibile diverso livello qualitativo della materia prima.
Sono ritornato lì un’altra volta e l’insapore mi ha immediatamente accolto.
Perché io pongo questa questione ai ristoratori?
Io mi occupo di agricoltura e al momento il sistema agricolo mondiale è bloccato sul prezzo unico della materia prima.
I prezzi si allineano verso il basso e chiudono soprattutto le aziende che fanno qualità.
Anche perché, i produttori che riescono a mantenere alto il livello qualitativo delle loro materie prime lamentano una latitanza da parte dei possibili acquirenti.
E l’unico modo per uscire da questa impasse è far incontrare i produttori con quel modo della ristorazione che vuole offrire un livello qualitativo certo.
Il produttore sarà stimolato a fare sempre meglio e il ristoratore potrà approvvigionarsi in maniera concreta.
Oggi sappiamo come si ottiene e si raggiunge il livello qualitativo desiderato e quali sono le molecole responsabili, e in questo sito ci sono numerosi articoli che vanno in questa direzione.
Ma, volendo, anche a prescindere, non pensate che un consumatore esigente come me meriterebbe una giusta attenzione?
Non quantità di piatti, ma un livello qualitativo degli stessi ben chiaro e definito e al giusto prezzo, per il produttore, per il consumatore e per il ristoratore.