l perbenisti di tutto il mondo si sono dati appuntamento e all'unisono hanno incominciato a sparare a zero sulla zootecnia intensiva, accusata non solo di inquinamento ma anche di essere responsabile della pandemia e del buco dell'ozono.
Come ci si dimentica subito del passato e delle origini.
Fino ad una cinquantina di anni fa il latte e la carne costavano molto ed erano appannaggio solo delle classi più agiate.
Quando invece la zootecnica ha incominciato ad adottare tecniche innovative, la produzione è aumentata, i costi sono diminuiti e tutti hanno avuto accesso a prodotti che prima avevano l'opportunità di degustare la domenica e le feste comandate.
Non solo, ma questo modello veniva indicato da tutti come la massima espressione della modernità e dell'efficienza.
Alla fine degli anni Sessanta le lezioni all'università di zootecnia le facevamo all'azienda Cirio di Caiazzo(Ce), a quel tempo all'avanguardia su tutto.
E in questi anni il mondo della ricerca ha fatto e sta facendo di tutto per dimostrare che il modello sta bene in salute e che, al massimo, ci sarebbe da approfondire la questione della produzione di metano da parte degli animali.
Ma, qualcuno, forse il solito troskista, obietta che però non solo il benessere animale è crollato ma la stessa qualità del latte e della carne è ai minimi termini.
Infatti, mentre prima le vacche vivevano 20 anni ora a 6, 7 vanno al macello e poi lo stato di salute è sempre precario.
Ma quando mai, se le vacche vanno al macello prima è solo perché diventano economicamente non sostenibili e poi tutte le aziende sono in regola con la legge sul benessere animale e comunque in azienda c'è sempre un veterinario per controllare lo stato di salute degli animali, con ripercussioni anche sull'occupazione.
I sistemi pastorali in pratica non hanno bisogno di uomini e mezzi.
E poi non è vero che la qualità del latte e della carne è al minimo, chi lo ha dimostrato?
Quale ricerca è stata fatta con risultati che vanno in questa direzione?
Anzi, le aziende le più intensive sono proprio quelle che producono il latte di “Alta qualità”, marchio questo che può utilizzare solo quell'azienda che rispetta le rigorose norme di una legge, la 169 del 1989, che nessuno mai ha contestato.
Ma il troskista insiste: ma quella legge l'avete fatta voi a vostro uso e consumo, avete deciso voi i parametri da inserire e avete fatto diventare di alta qualità il latte più scadente.
Anche se vi si deve dare ragione sul fatto che il mondo della ricerca, ivi compresi anche alcuni famosi nutrizionisti, hanno sempre detto e continuano a sostenere che il vostro latte sia di livello qualitativo alto.
D'altronde, basta assaggiare un formaggio o una carne da pascolo e confrontarli con quelli da stalla per capire che le differenze sono enormi.
Ma quando mai, la qualità, a detta anche del mondo della cultura, è un concetto astratto, molto soggettivo, che cambia con il tempo e con le mode.
Ma il latte dei sistemi intensivi e la stessa carne non hanno né aroma e né gusto. E chi lo dice? Mi porti una pubblicazione scientifica in qualsiasi lingua che affermi questo.
Certo, si può migliorare l'attuale livello, non a caso siamo stati noi a puntare su razze autoctone o particolarmente selezionate perché il loro latte contiene delle specifiche molecole, tipo qualche alfa caseina o la A2 beta-caseina che migliorano le proprietà nutrizionali del latte e del formaggio.
E in questo modo abbiamo permesso il recupero e la salvaguardia di molte razze che stavano per scomparire.
Ma come, nel latte ci sono milioni di molecole, voi ne scegliete una sola, la erigete a indicatore e gridate al miracolo?
Ma la ricerca dimostra che è vero e i consumatori accorrono.
Il troskista stremato tenta l'ultima sortita: voi, proprio perché deboli, imponete il prezzo unico del latte e della carne, con effetti dirompenti sul settore.
Quel prezzo ripaga il vostro livello qualitativo, che è il più basso mentre tutti gli altri, soprattutto chi si posizione molto in alto nella scala dei valori, ricevono un prezzo non giusto e che non copre i costi.
E questi sono costretti a chiudere e la deriva della qualità è un dato acquisito. Vero che il prezzo è unico, ma questo problema non se lo pone nessuno.
Tutti d'accordo, dall'allevatore, alle Organizzazioni professionali, all'industria di trasformazione. Il latte e la carne devono assicurare al trasformatore il massimo della resa e i prodotti dei sistemi intensivi la assicurano nel migliore dei modi.
Quindi tutti contenti e se poi non hanno gusto, chi se accorge? Chi lo dice? Guardate la TV o leggete i giornali: siamo il paese che ha la gastronomia più famosa al mondo, che ha un patrimonio caseario che tutti ci invidiano.
E vogliamo parlare dei prosciutti, della scottona, degli insaccati?
Mi arrendo, evviva i sistemi intensivi!