A Eboli si sarà pure fermato Cristo, ma non la voglia di qualità di allevatori/pastori che tenacemente e caparbiamente mantengono gli animali al pascolo anche in aree vocate all’intensivo. E i risultati dimostrano che questa strada è percorribile e produce reddito. Ce lo racconta il nostro Gallevi, Adriano Gallevi.
di Adriano Gallevi, Anfosc
Bontà loro o, bontà nostra, a seguito di un Bando regionale nell’ambito della Misura 2 del PSR Regione Campania, Anfosc, con i suoi 4 moschettieri, da circa 9 mesi rincorre una quarantina di allevatori ovicaprini, sparsi per lo più in aree interne campane, per tentare di offrirgli, in modo, per loro, completamente gratuito, Assistenza Tecnica “a 360 °”, come si suol dire.
Non a caso ho usato il verbo “rincorrere” perché solo chi non ha frequentato il mondo pastorale non sa quanto sia difficile stare dietro, in tutti i sensi, al “pastore errante dell’Asia”. Padrone degli spazi, della vita solitaria, del tanto tempo che ha di pensare e di convincersi….delle sue convinzioni, diffida sempre di chi vorrebbe convincerlo a metterle in discussione. Devi essere molto bravo, tecnicamente e psicologicamente, per farlo. La Regione, appunto, ha pensato che noi lo fossimo.
Per l’ultraquarantennale esperienza maturata con lo star dietro di loro, sapevamo quali erano i territori che più avevano necessità di A.T. per cui, nel Progetto presentato, per l’80% abbiamo scelto le aree che, con infelice termine, Rossi Doria chiamò “dell’osso” ,senza immaginare che proprio lì risiedeva e risiede la possibilità di trarre prodotti di altissima qualità (Romagnano al Monte, Ricigliano, S.Gregorio Magno, Colliano, ecc., ecc.).
Se però il Progetto ci dava libertà di scelta dei “nostri” allevatori, i vincoli “bruxelliani” hanno limitato la nostra scelta in fatto d’intensità di tipologia di servizio da somministrare nel senso che, pur sapendo che, per esempio, il servizio legato alla trasformazione del latte e alla produzione di formaggio era uno dei più importanti da somministrare, il richiamato vincolo ne impone non più di 7, a fronte di una richiesta cinque volte superiore.
Per chi ci conosce, sa che non sono certamente queste pastoie burocratiche che ci fermano per cui le regole, pur imponendo a ciascun “moschettiere” una specifica attività di A.T. da svolgere, in pratica l’azienda, l’allevatore hanno ricevuto quanto l’era necessaria sulla base delle realtà quale si erano palesate al primo incontro. Dice un proverbio del Sud: fatta la festa, gabbato lu santo….
Per esperienza sappiamo però che anche gli allevatori “no osso”, non se la passano molto bene in fatto d’arretratezza d’applicazione di corrette tecniche, specie nel settore della foraggicoltura e della già richiamata tecnica casearia, per cui ci siamo dati la libertà d’includere nel Progetto anche alcuni di loro.
Rispetto a una taglia media del gruppo di 40 aziende assistite, in termini di superficie condotta e di animali allevati, rispettivamente di 80 ha e 180 ovicaprini, l’azienda di Cerrone Vitantonio, 36 anni, di Campagna è, come dice il titolo, “Fuori Misura”.
Trattasi di un’azienda familiare denominata “La Bersagliera” condotta, con lo spirito e i modi che il nome evoca, direttamente insieme al fratello Antonino, 40 anni, per le questioni agropastorali e da madri, mogli e figli per le questioni commerciali.
I terreni condotti, tra Campagna ed Eboli, ammontano a circa 500 ettari e sono per lo più pascoli polifiti. Il bestiame presente, circa 500 ovini bagnolesi, 100 caprini cilentani e circa 200 bovini podolici tra vacche e vitelloni, è allevato in modo tale che per tutto l’anno garantisce in modo continuo formaggio e carne commercializzati direttamente nel negozio di Campagna.
Basta osservare il colore dei caciocavalli, un intenso giallo, o assaggiare i pecorini prodotti tra giugno e luglio, o anche addentare una bistecca di tenero vitellone, per renderci conto che l’”osso”, di Doriana memoria, non sta nel territorio ma solo in quello attaccato alla bistecca.
Se a quell’osso fossero stati dati all’epoca giusta considerazione e sviluppo, non ci troveremmo con territori abbandonati, allevamenti scomparsi, prodotti zootecnici sempre più immangiabili per gusto e qualità.
I Cerrone l’ha capito fin dai tempi del nonno e del padre, e ora la nuova generazione si fa promotrice, insieme con altri che come loro la pensano, di un’attività tesa a valorizzare al massimo le peculiarità qualitative di quanto producono.
Hanno capito che l’omogeneizzazione del prodotto, il prezzo unico, non pagano; che se la qualità che producono è riconosciuta, apprezzata e giustamente remunerata è questa la via che occorre seguire e che, soprattutto, “se non ti dai una mossa” e aspetti sempre, con il cappello in mano, che altri ti possa aiutare, alla fine sei condannato a chiudere.
Invece lui, loro, a Natale, hanno aperto nel centro storico di Salerno, un temporary store nel quale hanno messo in mostra e venduto quanto producono. Il successo è stato tale da indurli a passare da “temporary” a “permanenty” e in questi mesi di forzato fermo stanno apportando i necessari miglioramenti per rendere il locale adeguato alle esigenze emerse nel periodo di prova.
Per tornare al tema della nostra azione di A.T. e alla Misura 2, Anfosc in questi casi offre il supporto della sua lunga esperienza in tema di causa/effetto dei fattori che agiscono sulla qualità ed anche di quanto in questi anni ha promosso, dal Latte Nobile al Consorzio ME.NO.