Qualche anno fa mi fermai una notte a Malaga perché l’aereo arrivò troppo tardi per poter andare direttamente a Ronda dove dovevo partecipare ad un convegno sui formaggi di capra.
Passeggiando sul corso principale alla ricerca di un ristorante la nostra attenzione venne attratta da una vetrina con solo carne di maiale. Entrammo.
Al piano terra un lungo banco di esposizione in cui c’erano diversi tagli di carne e sul banco solo tre prosciutti interi con i relativi prezzi: 50, 100 e 150 euro al chilo.
Chiesi al cameriere perché quella differenza di prezzo.
Semplice mi disse: sono tutti iberici, il più caro è alimentato con solo ghiande, l’altro con ghiande e concentrati e l’ultimo con solo concentrati.
Mi sembrò una descrizione perfetta, priva della solita retorica a cui siamo abituati, poche parole, efficaci e che veramente permettevano di risalire alle motivazioni che determinano la differenza di qualità e di prezzo.
Facemmo anche una degustazione ma a quel tempo non avevo ancora capito bene la relazione che c’è tra gusto, molecole responsabili e fattori implicati e soprattutto, come si fa una degustazione per risalire a questi fattori.
Degustammo i tre prosciutti, ci sembrarono diversi ma non facemmo la degustazione alla cieca, come si sarebbe dovuto fare.
In questi anni ho sempre utilizzato quel modello per dire che dobbiamo arrivare alla regola, ai fattori che determinano la qualità perché in tal modo quel livello qualitativo è sempre ripetibile e facilmente da raccontare.
Ad un certo punto però mi sono chiesto: ma perché la ghianda apporta aroma e gusto alla carne?
In fondo è ricca di amido e in parte di proteina, da dove deriverebbe quel gusto intenso?
Forse perché al pascolo il maiale mangia anche altro e, quindi, non è la ghianda ad essere determinante bensì tutto quello che trova nel pascolo.
In pratica, se quelle ghiande le raccogliessimo e le distribuissimo in stalla non avremmo gli stessi risultati del pascolo.
Forse la scorza della ghianda potrebbe apportare polifenoli, ma in genere i maiali tendono a scartarle, quindi i miei dubbi restavano insoluti.
Ultimamente ho fatto un po’ di bibliografia sulla castagna e con mia sorpresa ho potuto constatare che nel frutto c’è una quantità notevole e diversificata di polifenoli (Beccaro 2020).
Quindi, lo stesso sarà per la ghianda?
Allora ho pensato che forse ne valesse la pena approfondire l’argomento. Ho fatto la solita ricerca bibliografica e, come spesso succede, i dubbi invece di diminuire sono aumentati.
Provo a sintetizzare quello che ho capito.
Parto da una esaustiva disamina che hanno fatto Nieto et al (2019) sul maiale iberico.
A proposito della qualità della carne e dei parametri che vengono presi in considerazione, gli autori si limitano ad elencare i seguenti con qualche commento: pH, acidi grassi saturi e insaturi, rapporto omega6/omega 3.
Sul colore dicono che le tonalità di rosso sono correlate ad un alto contenuto di mioglobina che è generalmente associato con un alto livello di grasso intramuscolare e con un maggiore metabolismo ossidativo del muscolo.
In merito ai grassi riportano che il rapporto omega6/omega 3 varia da 5,6 negli animali al pascolo a 20 in quelli con concentrati. Per inciso, nel latte il range va da meno di 1 a 20, naturalmente perché, trattandosi di ruminanti e dal momento che l’erba è più ricca di omega3, il loro contenuto nel latte è più elevato quanta più erba mangia l’animale.
Però gli autori aggiungono: “I risultati della composizione acidica vanno interpretati con cautela perché ci sono tanti altri fattori che entrano in gioco. Tutto qui. Ma perché si parla solo di acidi grassi?
Essenzialmente per due motivi: per il loro valore nutrizionale e perché sono ritenuti responsabili dell’odore e dell’aroma del prosciutto.
Tralasciamo il valore nutrizionale perché è abbastanza noto che il rapporto saturi/insaturi e omega6/omega3 svolgono un ruolo salutistico importante.
Concentriamoci invece sul flavour e, in questo caso, sull’odore.
Partiamo da una revue pubblicata nel 2012 da Narváez-Rivas et al.
Gli autori riportano che nel prosciutto sono stati ritrovati un gran numero di componenti volatili: idrocarburi (62), aldeidi (41), chetoni (48), alcoli (66), eteri (51) esteri (2) terpeni (8) composti azotati (23, solfuri (18) acidi carbossilici (21) cloridi (7). Una quantità notevole, stiamo parlando di quasi 300 composti.
Chiaramente solo un numero limitato di essi contribuisce all’aroma del prosciutto e soprattutto aldeidi e chetoni. Alla fine, gli autori concludono che l’origine di alcuni composti è dovuta alla lipolisi, alle reazioni chimiche ed enzimatiche, alla proteolisi, alla degradazione di Stracker e alla reazione di Maillard.
Ma gran parte degli autori si concentrano sulla lipolisi e sugli acidi grassi monoinsaturi (acido oleico). Cava et al (1997) riporta che le ghiande, rispetto ai concertati hanno un più alto contenuto di acido oleico e un minor contenuto di polinsaturi e per questo il sistema al pascolo permette di avere prodotti con caratteristiche sensoriali elevate. In un successivo lavoro Cava et al. (2000) riporta che la qualità del prosciutto iberico dipende dalle caratteristiche dei lipidi a loro volte dovute alla composizione in acidi grassi.
In un lavoro pubblicato recentemente, González-Domínguez et al. (2020) sostengono che gli acidi grassi del grasso sottocutaneo sono fortemente influenzati dal regime alimentare e che l’acido oleico è il principale responsabile di questa diversità. Ma se andiamo a vedere i dati che gli stessi autori riportano, vediamo che la differenza, fra i tre diversi sistemi di alimentazione (pascolo con ghiande, stalla e concentrati, pascolo con concentrati e ghiande), anche se significativa, è minima.
Per i monoinsaturi i dati sono: 58.83, 55.12, 57.31; per l’acido oleico: 54.80, 50.96, 53.18. Praticamente il risultato del gruppo a solo ghiande è simile, anche se significativamente diverso, a quello ghiande + concentrato.
Stesso risultato riportano Tejerina et al (2012): 51.57; 48.98; 50.98.
Possibile che una differenza così minima determini un risultato finale profondamente diverso, soprattutto dal punto di vista commerciale?
Non solo. Ma, da italiano, la cosa che noto subito quando, ma capita di rado, gusto un prosciutto iberico è una nota intensa e quasi fastidiosa di rancidità.
Certo, per i gourmet spagnoli è un segno di specificità anche se Cava et al (1997) scrivono che le aldeidi che derivano dall’acido oleico danno uno sgradevole sentore di rancido nella carne e nei derivati.
Possibile che l’acido oleico, da solo, sia responsabile della diversità dei prosciutti a tal punto che la differenza di prezzo è elevatissima, anche 10 volte.
Se fosse vero, basterebbe aggiungerlo ai mangimi nei sistemi di allevamento intensivi e alla stalla.
E in effetti in molti hanno studiato questa possibilità. Jasińska e Kurek (2017) hanno scritto che l’estratto di foglie di olive può costituire una fonte alternativa naturale di antiossidanti perché sono ricche di polifenoli i quali, a loro volta, ritardano l’ossidazione degli acidi grassi insaturi, oltre a migliorare le caratteristiche sensoriali della carne.
Va da sé che se bastasse aggiungere un po’ di estratto di olio di olive per elevare il livello qualitativo del prosciutto e ottenere prezzi decisamente superiori, non sono il successo di questa tecnica sarebbe nell’ordine delle cose, ma addio Jamon de Bellota, addio ghiande.
Ed in effetti molti studi sono stati fatti sull’argomento e quasi tutti sono arrivati alla conclusione che le differenze sono minime fra il sistema ghiande e quello concentrati con aggiunta di acido oleico. Pérez-Palacios et al (2010) hanno messo a confronto i due sistemi e concludono che le differenze sensoriali sono minime e in linea con molte altre ricerche sull’argomento.
Eppure, noi consumatori non abituali del prosciutto iberico sappiamo che la differenza fra i tre sistemi c’è ed è percepibile.
Però, questi risultati non sorprendono più di tanto perché gli autori non solo insistono nel legare la qualità ai solo grassi monoinsaturi ma misurano questa qualità solo attraverso l’analisi sensoriale e i soliti parametri come tenerezza, lucentezza, dolce, salato, persistenza, intensità, ecc.
Quindi ci deve essere altro. Non solo.
Ma la stragrande maggioranza dei ricercatori si sofferma sull’odore e sull’aroma, cioè sulle componenti volatili e sulle note odorose che si sentono nel naso e nel retronasale.
E il gusto, l’altra componente importante del flavour?
Oggi l’offerta dei prosciutti è molto omologata perché i maiali sono allevati in sistemi intensivi a base di mangimi spesso di qualità modesta per risparmiare cui costi. I relativi prosciutti, se va ben, hanno un odore appena accennato, spessò on è piacevole ma quando lo metti in bocca non resta alcun sentore, il gusto sparisce in un attimo.
Nel prosciutto Iberico de Bellota, da ghiande, invece no, il gusto è molto lungo, persistente. Perché? Quali molecole ne sono responsabili? Non certo la lipolisi dei grassi!
Non so se la domanda è posta male, ma in bibliografia ho trovato poche risposte. La prima questione è: i maiali al pascolo mangino solo ghiande?
Certo che no, almeno nei pascoli della Dehesa spagnola. Rogriguez-Estevez et al, (2009) hanno osservato che mediamente la razione di maiali al pascolo è costituita per il 56,5% da foraggio di diversa natura (graminacee, arbusti, parti legnose) e il 43,3% da ghiande.
Quindi, il pascolo gioca un ruolo importante non solo nella formazione degli acidi grassi insaturi, ma, eventualmente anche nell’apporto di altre molecole volatili e fisse.
Garcia-Valverde et al. (2007) hanno rilevato che l’erba del pascolo determina un aumento nella carne del contenuto proteico e soprattutto della lisina e anche dei minerali, molto carenti nelle ghiande.
Ma la razione apporta anche altro. Tejerina et al (2012) hanno studiato i tre classici sistemi di allevamento Montanera estensivo, con ghiande, Recebo estensivo con mangimi e ghiande e intensivo con mangimi, ma non si sono limitati all’acido oleico ma hanno studiato anche i polifenoli e l’attività antiossidante.
Nei tre sistemi il contenuto dei polifenoli totali nella razione era :1.1; 13.6; 5.6 g e nella carne: 202.4; 178.2; 162.5mg. Quindi nella carne di maiali al pascolo c’è almeno il 25% in più di polifenoli.
Se a questi aggiungiamo che al pascolo aumentano anche le proteine e i minerali, allora è più credibile la tesi che i sistemi al pascolo con ghiande permettono di avere una carne e un prosciutto che hanno più aroma e gusto di quelli derivanti da animali alla stalla.
E si capisce anche perché le differenze fra prosciutti di ghiande al pascolo e prosciutti di ghiande e concentrati al pascolo siano minime: perché entrambi sono al pascolo e i maiali possono accedere ad altre fonti nutrizionali.
In merito all’acido oleico e, più in generale ai grassi insaturi, considerati dalla stragrande maggioranza del mondo della ricerca come responsabili del flavour e della diversità credo che il loro ruolo sia minimo e quasi fuorviante. Il flavour è più complesso e dipende da centinaia di molecole, volatili e soprattutto fisse, quest’ultime mai considerate.
Va detto comunque che il modello iberico è l’unico, nel panorama gastronomico, dove almeno sia riconosciuto ed accettato che l’alimentazione è alla base della qualità. E non è cosa da poco.
Bibliografia
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