Questo sarà l’autunno caldo della zootecnia. Le premesse ci sono tutte: il consumo è in calo perché la ristorazione è in grande difficoltà e invece la produzione di latte è in aumento perché c’è sempre chi, per restare nei costi, ha bisogno di aumentare la produzione.
Però la prossima annata agraria è alle porte e bisogna prendere delle decisioni, il produttore ha bisogno di avere certezze sui prezzi e sulle quantità.
La Coldiretti della Lombardia ha provato ad anticipare i tempi chiudendo un accordo con Italatte (Lactalis) in cui sostanzialmente si lega il prezzo ad una quantità prestabilita.
Qualora questa dovesse aumentare, il prezzo diminuirebbe.
Apriti cielo!
Il disaccordo è totale, Cia, Confagricoltura, Confapi e i social sparano a zero contro un accordo che tutti trovano assurdo, velleitario e ingiusto.
Chi ha ragione?
Dipende sempre dai punti di vista o meglio della logica che è alla base dei comportamenti, perché il problema non lo risolvi se usi la stessa logica che lo ha determinato.
Nel nostro caso, paradossalmente, tutti usano la stessa logica e cioè: il latte è tutto uguale e, quindi, il prezzo deve essere uguale per tutti.
E allora, se così è, ha ragione la Coldiretti perché in questo modo dà certezze, in un periodo in cui nessuno le ha, a tutti gli allevatori e per un intero anno. E di questi tempi non mi sembra poco.
Accusano la Coldiretti di aver fatto il gioco di Lactalis ma dimenticano un po’ tutti di dire che purtroppo la produzione tende sempre ad aumentare, nonostante tutto, i consumi e la stessa logica.
E, visto che ci troviamo, dovremmo sempre ricordare che più la produzione per vacca aumenta e più diminuisce la qualità.
Lo so, su questo sono quasi il solo a pensarlo, ma, a parte la mia esperienza personale, mi piace sempre raccontare che un tassista spagnolo mi disse che il padre aveva otto vacche, ma che ai figli dava solo il latte della vacca più grassa e che faceva poco latte.
A tutto questo bisogna aggiungere che gli allevatori hanno un grosso handicap, perché il latte viene prodotto tutti i giorni e che la produzione non si può bloccare.
Un’altra cosa che trovo positivo è il contradditorio, il disaccordo.
Le maggioranze bulgare hanno sempre portato male a chi le ha volute e a chi le ha subite e in agricoltura c’è bisogno di discussione, di dibattito, anche di forti contrasti, perché il divario fra consumatori e produttori si va allargando sempre più.
Ma la Coldiretti ha torto, e così anche gli altri, anche se la tesi di chi è contrario non la conosciamo e non ci sarà, perché la logica potrebbe anche essere un’altra.
Praticamente l’opposta: il latte non è tutto uguale e va pagato a qualità.
Sarebbe già una rivoluzione in agricoltura dove, fatto salvo il vino, la materia prima è pagata a peso. I vantaggi sarebbero tanti per tutti.
Nel mondo del vino possiamo migliorare il livello qualitativo se abbassiamo le rese per ettaro.
Lo stesso vale per l’animale: se mangia solo erba riduce la produzione, se gli diamo anche concentrati la aumenta, ma c’è da aspettarsi una diluizione delle molecole responsabili del flavour e del valore nutrizionale del latte.
E comunque basta vedere la differenza fra un burro di stalla ed uno d’alpeggio: enorme.
Quindi, se noi leghiamo il prezzo alla razione alimentare possiamo avere latti con diverso livello qualitativo.
Se l’industria è disponibile può fare latte alimentare e formaggi a diverso livello qualitativo e di prezzo.
In questo modo non ci sarà una sola fascia di mercato come adesso, ma ce ne saranno diverse e il prezzo del latte non lo deciderà la borsa merci di Canberra.
Lo so che a molti potrà sembrare un discorso astruso, fuori luogo, ma tanto per far conoscere a tutti i produttori un’altra faccia della medaglia voglio riportare un episodio di qualche giorno fa.
Dopo un’intervista un giornalista mi ha chiesto: ma dove posso comprare delle mozzarelle di qualità, faccio molta fatica a trovarle?
Ho alzato le spalle e ho detto: io quasi non ne compro più, aspetto la primavera, quando gli animali sono al pascolo.
Orami in molti casi noi consumatori non possiamo scegliere, perché se il latte è uguale, lo saranno anche i formaggi.
E allora tanto vale comprare quelli che costano poco. Invece, con un meccanismo del genere, non solo avremmo un metodo che rispetta tutti, ma automaticamente il livello qualitativo risalirebbe, perché chiunque avrà interessa a non sforare o a ridurre.
Mi rendo anche conto che questo metodo, dalla sera alla mattina, troverebbe molti ostacoli, ma c’è sempre un giusto mezzo.
Perché non dire a Lactalis o all’industria casearia: blocchiamo il prezzo del latte però avviamo un percorso sperimentale per agganciare il prezzo al livello produttivo medio di stalla o alla razione alimentare?
Un esempio classico è il Latte Fieno o il Latte Nobile.
Questa proposta avrebbe un futuro. Invece così, saremo fortunati se entrambi rispetteranno l’’accordo.