di Mimmo Caiazzo
Una decina di anni fa, con l’amico Valerio Chirichiello, chef dell’Hotel America (Marina di Camerota) di Emilia e Giuseppe Volpe e Pietro Cusati, alla fine di settembre, nel giardino dell’albergo, organizzammo una cena per 120 persone.
Tema dell’evento: I ziti ‘ra zita, un tuffo nel passato per riportare alla memoria il matrimonio cilentano degli anni Cinquanta. E infatti, oltre la cena, ci furono musica, balli, poesia e tante portate.
Recuperammo un maiale al pascolo del Pollino, pomodori locali buoni, olio evo del nostro comune, la sugna di Valerio, i ziti spezzati di Pasquale D’Ambrosio e così via per gli altri ingredienti di qualità, compreso i “case ruce” di Camerota, unico dolce, allora nelle feste dei matrimoni.
La maggior parte degli ospiti erano “amici turisti”, con i quali ancora oggi a distanza di anni, ogni volta che ci incontriamo, parliamo della bellissima festa, ma su tutto, le patate fritte nello sugna e poi condite con il ragù di maiale, la fanno da padrona.
Ma se quell’evento evocativo potesse essere coniugato per 10 per 100 e per mille, avremmo compiuto una sana operazione di gastronomia circolare. Cioè, se ognuno di noi, nell’ambito della propria famiglia, una volta a settimana, proponesse un pranzo di festa, quasi un matrimonio, con la sensibilità di andare a cercare, nel proprio comune di residenza, gli alimenti e gli ingredienti del pranzo, avremmo dato la possibilità a piccoli produttori di salumi, formaggi, conserve, grano, vino, olio, a pescatori o contadini, di incrementare la produzione per quantità e per reddito e un incentivo a continuare.
Ma cosa, ancora più importante, avremmo preso coscienza, attraversando un territorio, non solo del paesaggio e specificità del territorio quanto anche e soprattutto, dell’umanità e dei valori che si possono ritrovare nei paesi abbarbicati sulle pendici delle montagne o sugli scogli della riviera.
23Il mangiare non è solo poesia, prima di tutto deve essere un racconto, protagonisti gli uomini e le donne che hanno prodotto quell’alimento. Prima di mangiare qualsiasi cosa, bisogna metabolizzare la filiera della pietanza: provenienza, territorio, ambiente, varietà, stagionalità, tecnica, tradizione, e l’uomo. Solo in questo modo possiamo trasferire, con passione “u cuntu”, il racconto, ai nostri ospiti, di quel mangiare, per renderli protagonisti di quella tavola, come se ogni volta fosse un matrimonio. E anche poche persone intorno ad una “tavola esperienziale” così fatta, non avrebbero bisogno di orchestre per trasformare, “i ziti ‘ra zita”, in un grande momento di convivialità.
Bastano le mani, che sono state il primo strumento di percussione e la voce il primo strumento musicale. Un piccolo convivio di greca memoria, una volta a settimana, per ogni famiglia, per un anno, per ogni paese.
Non sarebbe solo una moltiplicazione aritmetica di alimenti, ma sarebbe un’esponenziale crescita di:
emozioni, cultura, conoscenza, saperi, storia, geografia, filosofia, tradizioni, ecc..
Il tutto sapientemente orchestrato dalle nostre endorfine e, parafrasando il famoso proverbio della mela nutraceutica, “i zita ‘ra zita”, tolgono non solo il medico, ma anche l’ospedale di torno.