di Davide Pasut [dottore forestale libero professionista, docente di Alpicoltura presso l’Università degli Studi di Udine]
Uno dei principali temi della gestione dei pascoli – le superfici foraggere che, a differenza dei prati, vengono messe direttamente a disposizione degli animali – riguarda il contenimento della flora indesiderata. Con questo termine si intende l’insieme dei vegetali (in genere piante propriamente dette e felci) che non sono appetite dagli animali e possono diffondersi a scapito delle buone foraggere.
Nel linguaggio agronomico vengono chiamate malerbe o infestanti dei pascoli mentre dal punto di vista ecologico si tratta di specie che hanno sviluppato delle difese attive per evitare il pascolamento. Le soluzioni più comuni sono le spine (cardi), i rivestimenti coriacei delle parti verdi (equiseti), la produzione di sostanze aromatiche (rosmarino), irritanti (ortica) o velenose (colchico).
Vi sono tre caratteri della flora indesiderata di pascolo che permettono di valutarne la gestione: la copertura, le specie presenti e lo stadio fenologico.
La copertura corrisponde all’abbondanza di piante indesiderate presenti nel pascolo e, per semplicità, non viene misurata contando gli individui ma stimandone la superficie ricoperta. Coperture cospicue indicano una cattiva e prolungata gestione, poiché servono diverse stagioni vegetative affinché queste specie diventino prevalenti. Le coperture basse sono tollerate dato che, nella pratica, è possibile eliminarle completamente solamente in pascoli di piccola estensione.
Individuando le specie presenti e conoscendone l’ecologia è possibile trovare la strategia più opportuna per ridurre la copertura. Le specie che amano i suoli con una buona dotazione di nutrienti (ortica, romici, ecc.) si possono contenere evitando la concentrazione degli animali in determinate aree del pascolo, poiché sono l’abbondanza e il permanere delle loro deiezioni a favorire queste specie nitrofile.
Viceversa, le infestanti dei suoli poveri di nutrienti si possono ridurre apportando dei nutrienti. In questo secondo caso risulta efficace recintare gli animali nelle aree da migliorare durante le ore di riposo. Tale tecnica rappresenta la pratica storica di miglioramento dei pascoli magri e viene chiamata mandratura (con bovini) o stabbiatura (con ovini).
L’osservazione dello stadio fenologico della flora indesiderata, cioè la fase di crescita delle piante, è un aspetto molto importante nella loro gestione: può segnare la differenza tra contenerle o favorirle.
La presenza di malerbe in piena fioritura o fruttificazione segnala che non è stato effettuato lo sfalcio di contenimento nel periodo opportuno; eseguirlo in questo stadio significa favorire la diffusione dei semi e, con la trinciatura, anche il loro interramento.
La presenza di piante indesiderate all’inizio della fioritura indica che è necessario provvedere in breve tempo allo sfalcio prima che sia troppo tardi, mentre se le piante sono ancora allo stadio vegetativo, nonostante l’avanzare della stagione, è il segnale che gli interventi di contenimento sono stati eseguiti nel periodo corretto.
Lo sfalcio o la trinciatura delle malerbe rappresentano le tecniche agronomiche più efficaci per il contenimento delle infestanti. La lotta chimica viene riservata a casi senza alternative, su piccole superfici e puntuali (cioè trattando solo le piante interessate); al di là dei costi e dell’impatto ambientale trattare con erbicidi una superficie pascoliva significa mettere a rischio di intossicazione gli animali che se ne nutrono.
Il taglio delle piante va effettuato alla ripresa vegetativa e nelle prime fasi di crescita. Ripetendo l’operazione durante la stagione (colpendo cioè i ricacci) la pianta si sfianca, poiché la si obbliga a consumare le riserve di energia contenute nell’apparato radicare senza concedere il tempo all’apparato fogliare di reintegrarle.