Francesco Tiezzi North Carolina State University
Da tempo si sta facendo spazio, sugli scaffali di certi supermercati, il latte grass-fed. Tale latte proviene da vacche alimentate esclusivamente con pascolo e fieno, senza concentrati. Compare solo in certi supermercati, quelli che definiremo ‘di nicchia’ perché è di per sé un prodotto di nicchia che viene pagato 2-3 volte più del latte convenzionale. Il latte grass-fed che viene venduto è quasi sempre anche certificato biologico. Le due cose, ovviamente, non collimano ma il grass-fed spesso si pone come un ‘beyond organic’ (oltre il biologico) per il fatto che andrebbe ad enfatizzare ancora di più i vantaggi del biologico. Bisogna anche precisare che negli Stati Uniti il latte biologico viene pagato al produttore quasi il doppio del prodotto convenzionale, il che non mi risulta avvenga in Italia.
Allo stesso tempo, fuori dai supermercati, sta crescendo il mercato del latte crudo. Mercato del tutto legale, ma che si basa sul forte legame tra produttore e consumatore, sia sul piano relazionale che geografico. Il che non può essere che un bene per un prodotto così deperibile e, talvolta, rischioso.
Ho messo insieme i due fenomeni perché entrambi derivano dallo stesso cambiamento in preferenze alimentari. Cambiamento che si capisce da dove arrivi, ma non si capisce bene su cosa sia basato. Ma andiamo per gradi.
Il latte grass-fed, che più facilmente si può trovare al supermercato, porta il marchio di Organic Valley, una cooperativa di allevatori che trasforma e vende esclusivamente latte e uova biologici ed è presente in quasi tutti gli stati. Tale cooperativa si affianca ad Organic Praire, che invece vende prodotti biologici a base di carne.
Organic Valley è stata fondata nel 1988, quando contava solo 7 allevatori. Ora ne conta circa 2.000, con 900 dipendenti. Non solo si occupa di ritiro, pastorizzazione, confezionamento e distribuzione, ma anche di commercializzazione e ‘outreach’, ovvero divulgazione al pubblico dei benefici dei prodotti biologici.
Dal loro sito internet (https://www.organicvalley.coop) e dal loro canale Youtube (https://www.youtube.com/channel/UCntp7q-iCkE-Fsgs2zIMwvw) si capisce quanta importanza diano alla commercializzazione. Inoltre, si trova anche una sezione sugli allevatori, dove si può cercare gli allevatori (relativamente) più vicini.
Gli allevatori sono considerati il centro focale della cooperativa. E se ne trova di parecchio variegati all’interno della cooperativa (https://www.organicvalley.coop/our-farmers/small-family-farms/). Si va dalle aziende a conduzione familiare, alle aziende di proprietà di membri della comunità Amish, ad aziende con qualche centinaio di vacche in mungitura.
Nella sezione relativa ai prodotti (https://www.organicvalley.coop/products/) si vede che c’è il ‘grassmilk yogurt’ e il ‘grassmilk’ (https://www.organicvalley.coop/products/milk/grassmilk/whole-grassmilk-ultra-pasteurized-half-gallon/). Il latte grassfed proviene da vacche alimentate solamente con pascolo e fieno.
Come si legge sull’etichetta, il latte è ‘ultra-pasteurized’, il che significa che è stato portato a 135° Celsius per almeno 2 secondi, e ‘homogenized’, ovvero omogeneizzato. Lo stesso latte era, un tempo, ‘pasteurized’, quindi portato a 72° Celsius per 15 secondi (ma anche altre temperature e tempi di trattamenti sono ammessi). Il latte era ‘cream-top’ (che ti traduce ‘con la cima di panna’), il che significa che non era omogeneizzato (http://fiveoclockteaspoon.blogspot.com/2012/05/cream-top-milk-separator.html).
Come si evince dai commenti dei consumatori, l’introduzione della ultra-pastorizzazione e dell’omogeneizzazione ha fatto perdere molti acquirenti. E io sono stato uno di loro, dato che non ho più comprato quel latte.
I commenti si rifanno alla perdita di sapore e al fatto che la panna non si separasse come prima. Non sono un fanatico della panna che si separa, ma posso confermare che gran parte del sapore si è perso. Ma allora come mai non tornano indietro?
I problemi potrebbero essere molteplici.
Per esempio, c’è sempre il problema delle contaminazioni e maggiore sicurezza sanitaria per la quale non credo siano necessarie molte spiegazioni. Un altro fattore è decisamente quello della shelf-life. In questo caso, c’è da precisare che il latte grass-fed era inizialmente prodotto nella contea di Humboldt, nel Nord della California, quindi era un prodotto abbastanza locale. Ora viene prodotto in diversi stati, con diversi climi e diversa composizione dei pascoli. E non sempre i pascoli sono vicini alle città, quindi c’è bisogno di avere un latte con più ampia durata di conservazione.
Di conseguenza, un altro motivo per tale cambiamento potrebbe essere stato, secondo me, il bisogno di avere un latte più standardizzato dal momento che le richieste del mercato iniziavano ad essere ingenti. Si sa che la qualità del latte dipende, in senso lato, dall’ambiente che circonda le vacche. Questo ambiente può essere molto diverso in un Paese che ricopre una superficie quanto tutta Europa. L’omogeneizzazione del latte potrebbe ricoprire un ruolo, appunto, “omogeneizzante” di partite di latte che si presentano allo stabilimento con diversa concentrazione dei componenti.
Quindi sembra che neanche il latte grass-fed sia riuscito a sfuggire alle logiche di mercato, che richiedono standardizzazione e ‘sicurezza’ sanitaria. Per questo, credo che il latte crudo stia prendendo sempre più spazio. Ma ne parleremo nel prossimo articolo.
Per saperne di più:
http://fiveoclockteaspoon.blogspot.com/2012/05/cream-top-milk-separator.html
https://www.kqed.org/bayareabites/66888/grassmilk-new-trend-in-dairy-has-california-ties