di Alessandro Capotorto
Genesi di un fenomeno
Cappuccino è una delle parole italiane più famose del pianeta. Esprime de facto il senso antico della colazione all’italiana con il cornetto o una bella ciambella calda. I tedeschi lo amano talmente tanto che lo usano come delice a tutte le ore del giorno. Ma ritorniamo alla nostra amata bevanda e al titolo di questo racconto. Perché di racconto si tratta, sia ben chiaro. Pare nasca in Austria a causa di un frate cappuccino e al colore della sua tonaca; ma questo è folklore e con onestà non ci interessa. Ci interessa informare il pubblico e gli amanti del Cappuccino che stiamo parlando di una cosa seria che in Italia, ripeto in Italia, viene fatta malissimo, ignorata dalla stampa specializzata e dall’Alta Cucina. Da qualche anno grazie all’Istituto Espresso Italiano, il Cappuccino è stato certificato e depositato al Ministero dell’Agricoltura con il suo disciplinare, acquisendo l’importanza di altre eccellenze italiche, come la pizza napoletana per esempio. Il tutto è stato necessario in quanto la formazione degli operatori alla macchina per la corretta esecuzione della bevanda risente di una pessima tradizione tipica dei nostri bar e cioè il tramandare nozioni e competenze dal titolare al barista addetto, senza nessuna formazione a riguardo. Purtroppo nel tempo si è perduto il senso della misura e “grazie” a questo, il cappuccino è diventato una sorta di caffellatte schiumato.
Cappuccino in Italia oggi
Vorrei in primis, evitare tecnicismi leziosi o ridondanti e, con piccoli esempi, aiutare il consumatore a capire quando un Cappuccino Italiano Certificato è fatto correttamente. In questa carrellata di immagini andremo a spiegare cosa si beve oggi nella maggior parte dei bar italiani. Ci sono purtroppo vari tipi di errori che gli operatori commettono nella composizione del Cappuccino e guai a dirlo, perché la risposta nella maggior parte delle volte è: “sono anni che faccio questo mestiere e nessuno si è mai lamentato”. Insistere significa litigare e spesso e volentieri mi sono astenuto dal commentare per quieto vivere.
In questa foto si denota una pessima montatura del latte con mille piccole bolle che significano la presenza di troppa aria all’interno della tazza. Uno dei motivi per i quali molte persone non amano il cappuccino è proprio perché l’aria ingerita tende a gonfiare lo stomaco del malcapitato, non apprezzando appieno le caratteristiche organolettiche dello stesso. Messa in tazza ovviamente inesistente. Un concetto fondamentale che andremo ad esplicitare più in là è che il latte va montato a crema e non a schiuma piena d’aria.
Qui abbiamo uno degli esempi peggiori. Il latte raggrumato è tipico di una montatura avvenuta tramite latte riscaldato più volte a temperatura bancone. Immaginate di mangiare un piatto di pasta riscaldato più volte durante la mattinata. In questo caso oltre al gonfiore c’è anche la possibilità di sentirsi male in quanto il latte riscaldato e raffreddato più volte perde le sue capacità e crea malessere soprattutto nel tratto intestinale. I famosi attacchi di colite insomma. Molti operatori per risparmiare utilizzano addirittura latte parzialmente scremato o in generale a lunga conservazione. Il latte deve essere necessariamente vaccino fresco!
L’operatore non formato
In Italia, la formazione nei bar oggi è ad uno stato ancora primitivo. Forse solo negli American bar si sta raggiungendo un buon livello, anche perché con l’alcol di mezzo il tutto diventa delicato e poco gestibile da personale poco strutturato. Nel tipico bar italiano purtroppo, insieme al caffè, spesso fatto male, e alla cornetteria industriale di massa, c’è anche il cappuccino che risente di tradizioni culturali legate al tramandare di (in)competenze che spesso rovinano la reputazione invece di chi il cappuccino italiano lo ha studiato, ci ha lavorato e lo ha saputo interpretare nel modo corretto, come da disciplinare.
Fortunatamente le cose stanno migliorando, ma siamo millenni indietro in quanto a numero di attività presenti sul Territorio con personale formato. Il Cappuccino è formato dall’ensamble di latte vaccino fresco e caffè espresso ed ha una serie di passaggi fondamentali perché la bevanda si assembli nel giusto modo. Il disciplinare ha permesso di correggere una serie di errori, permettendo al cliente del bar di poter gustare una bevanda unica nel suo genere che rappresenta ancora oggi un unicum a livello internazionale in tutto il pianeta.
Una serie di piccoli indizi
Non ci vuole un tecnico per capire che si sta servendo un prodotto di pessima qualità. La prima cosa che bisogna notare, quando si entra in un bar, è vedere se il latte è sul bancone da tempo. Il latte deve stare sempre in frigo, perché solo alla temperatura di circa 4/5 gradi potrà, in montatura, diventare la famosa crema di latte che contraddistingue la bevanda. In alcuni locali ho visto “pentole” al posto di bricchi con latte montato e rimontato più volte che, come annotato prima, raggrumano il latte rovinando il cappuccino da servire al cliente. Per parlare della pulizia della macchina, altro fattore fondamentale per la buona riuscita del prodotto, bisognerebbe aprire un fascicolo alle Asl di tutta Italia ma ci asteniamo. Ci ha pensato brillantemente Report qualche settimana fa con la puntata sul caffè, a spiegare ad un pubblico vastissimo alcuni errori tipici della (non) formazione degli operatori del settore. Un altro riferimento che permette al cliente di capire se il cappuccino ha il latte montato bene è la prova del cucchiaino che anche un bimbo può facilmente verificare. Basta intingerlo nella bevanda e se si nota uno strato di schiuma nella parte superiore e sotto la presenza di caffellatte, allora il locale ti ha venduto un prodotto per un altro e si ha assolutamente il diritto di contestarlo al titolare dell’attività.
Lo stato dell’arte
Insomma, come deve essere il Cappuccino Italiano Certificato? Ci sono delle fasi ben definite che regolamentano il disciplinare e seguirle pedissequamente ci permette di creare il cappuccino perfetto. Non mi dilungo su alcuni fattori che potrebbero risultare astrusi ma in generale le fasi sopra citate sono queste.

Montare il latte. Togliere dal frigo il latte vaccino fresco e versarlo nel bricco professionale creato ad hoc per montarlo. Portare la lancia alla temperatura di circa 55 gradi e dopo aver visto il formarsi di un vortice e l’aumento di volume chiudere la lancia e poggiare il bricco sul bancone.
Il Caffè. Estrarre il caffè espresso (25 ml circa) e versarlo in una tazza in ceramica da 150/160 ml. Versare un po’ di crema di latte nella tazza e girarla per far diventare un tutt’uno il caffè ed il latte. Questa operazione si chiama creazione della lavagna.
Messa in tazza. Tenere la tazza a 45 gradi e versare da un lato la crema fino a ottenere il disco di latte come da disciplinare ed ecco il Cappuccino Italiano Certificato.
Molto chiedono cosa è precisamente il “Latte art”. E’ l’equivalente del flair dei cocktail bar, molto scenografico ma che nulla aggiunge alla qualità del cappuccino. Alcuni baristi sono diventati talmente bravi da ottenere delle immagini bellissime e difficili da elaborare se non dopo ore e ore di allenamento. Da alcuni anni ci sono addirittura i campionati internazionali di Latte Art e a dire il vero noi italiani siamo fra i più bravi al mondo.
Per concludere: fare il Cappuccino non è cosa semplice, bisogna studiarne il processo, applicarlo e fare tante prove perché c’è bisogno di una grande manualità. Per l’imprenditore oggi ci sono dei corsi di formazione molto seri organizzati da personale estremamente competente che permettono alle attività di offrire un prodotto della eccellenza italiana che ahimè è difficile riscontrare ancora oggi nei bar delle nostre città.