Dott. Fabio Zicarelli, Agronomo zootecnico, Animal Science, PhD, Post doc.
La parola “associazione” non rientra tra i vocaboli preferiti degli allevatori meridionali; del resto come dargli torto? Anche quelle “più blasonate” e finanziate, in questo periodo non godono di buona salute.
La nostra Associazione, concepita in concerto all’Assessorato all’Agricoltura della Regione Campania, ha come obiettivo primario la valorizzazione di formaggi a latte crudo prodotto da animali allevati e alimentati principalmente al pascolo.
L’impresa sembrava ambiziosa: riunire allevatori di animali allo stato semi-brado, abituati a essere dei solisti del pascolo, degli eremiti che imprecano mentre governano le mandrie, senza chiedere aiuto a niente e nessuno, spesso ritenuti dall’uomo della strada una razza in via di estinzione.
Come convincerli a partecipare?
Alla prima riunione nell’aprile del 2016, grazie anche alle imminenti elezioni regionali, gli aspiranti associati erano circa 80 tra allevatori, tecnici, autorità locali e consumatori consapevoli.
Dopo aver letto e condiviso lo statuto con i presenti, nel momento in cui s’intuì che non c’erano risorse economiche da dividere, circa il 50% degli interessati si dileguò; al momento della raccolta delle firme per approvare lo statuto, ne vennero a mancare ancora il 30% e ancora meno, solo 20 persone, furono quelle che pagarono la quota d’iscrizione.
Dopo il primo momento di sgomento, causa l’esiguo numero di associati, pensammo: meglio pochi ma motivati nell’intento di far approdare sulle tavole dei consumatori formaggi che lasciassero un segno tangibile sulle papille gustative appiattite dallo junk food.
A un tratto arrivò la fatidica domanda ai promotori dell’”avventura”: dottò ma da noi che volete ? Soldi non ne abbiamo!!!
Fu spiegato loro che eravamo nel momento storico per dialogare con i consumatori (famiglie, ristoratori, appassionati) attenti alla reale qualità degli alimenti, che anche la scienza, finalmente, era dalla loro e parlava dell’importanza di prodotti alimentari che derivavano da allevamenti estensivi dal basso impatto ambientale, dalla bassa produttività ma dall’alto valore nutraceutico. Non tutti capirono, ma molti si sentirono più vicini agli uomini che vivevano in pianura.
Fu instituito un direttivo e a rivestire il ruolo di presidente fu eletta una giovane allevatrice di Auletta, Roberta Cafaro, figlia d’arte sia da parte di madre, casara esperta e oculata, che di padre, attento e appassionato allevatore ovicaprino.
Il resto della brigata, nonché zoccolo duro dell’associazione, è attualmente composto da allevatori-trasformatori con un’età media di 42 anni che alleva vacche, principalmente Podoliche e ovi-caprini di ogni razza e vello; poi ci siamo noi la parte “che chiacchiarea”, forma e si informa, segue una traccia allo scopo di portare stimoli continui, incoraggia e promuove con i propri contatti la diffusione dell’operato dell’associazione.
I dogma da sdoganare sono tanti, cerchiamo di far capire che trasformare il latte “come faceva mio nonno/padre/madre” non è sempre sinonimo di qualità e, quindi, periodicamente, si organizzano Panel test per identificare pregi e difetti dei formaggi prodotti; gli associati frequentano corsi di aggiornamento e formazione avvalendosi di tecnici e professionisti del settore caseario e zootecnico.
L’aggiornamento caseario avviene anche in virtù del fatto che i palati stanno cambiando e quindi è gioco forza, specialmente per avvicinare le giovani generazioni al nostro mondo, dirottare parte della produzione su prodotti freschi (massimi venti giorni di stagionatura) e morbidi.
Uno dei primi momenti formativi risale all’autunno 2017,con l’organizzazione del primo corso per casari di base e di 2° livello, tante le iscrizioni da parte degli associati ma anche di casari non facenti parte della stessa. L’esperienza è stata replicata con successo nel febbraio 2020.
Molte negli anni sono state le iniziative che ci hanno visti protagonisti, partendo da sagre locali fino ad arrivare, nel settembre scorso, alla partecipazione a “Cheese 2019”, Bra (CN), su invito di Slow food sezione formaggi a latte crudo.
E’ stato un momento di forte crescita che ha permesso agli allevatori ed ai tecnici che vi hanno partecipato, di confrontarsi con consumatori dal palato consapevole e curioso, pronto ad immergersi in nuove esperienze casearie.
Adesso bisogna continuare a partecipare alle fiere che contano, ad esserci e a farsi conoscere!
L’idea piace perché ogni produttore ha una sua identità, un suo percorso, si percepisce la diversità di lavorazione, di latti odorosi di pascoli differenti, di metodiche e luoghi di stagionatura. La paura di essere fuori mercato con i prezzi viene subito fugata…nessuno si lamenta, anche quando si inizia a ritoccare i listini dando finalmente il giusto valore a prodotti che raccontano una storia.
Altra importante esperienza, breve ma intensa, si è svolta nell’inverno appena trascorso gestendo una “gioielleria dei formaggi”, nel centro storico di Salerno, visitata da una “varia” umanità.
Altro aumento di listino: c’è bisogno di pagare il personale, le utenze, l’affitto, il commercialista (o’ ragiunier: in gergo allevatoriale), la collega che si occupa dell’autocontrollo; chi acquista da noi sa di trovare qualcosa di unico e, mentre degustano i nostri prodotti, gli racconteremo anche l’aumento, non abbiamo niente da nascondere. Gli avventori apprezzano la differenza.
I ristoratori del centro storico erano clienti interessati, confermando le nostre ipotesi e cioè che esiste una fascia di “curiosi” che non acquista in base al prezzo, ma in base al piacere di provare qualcosa di differente e unico.
Ci piacciono i nostri interlocutori gastronomici salernitani, sono appassionati; ma dobbiamo strutturarci meglio, avere almeno un posto dove poterci sedere e dialogare comodamente con loro.
Abbiamo, quindi, iniziato a ipotizzare l’ampliamento del locale e….arriva il lockdown: serrande abbassate, la gente fa scorte di prodotti non deperibili, con shelf-life lunga.
Dovevamo assolutamente fare qualcosa: non potevamo perdere lo slancio iniziale, le posizioni conquistate!
E adesso che ci inventiamo? Avevamo una sola possibilità e l’abbiamo presa al volo! Mettere su una vendita di prodotti da conferire a domicilio.
Parte un tamtam sui social (WhatsApp, Facebook, etc.); nuove brochure e nuovo listino, coinvolgiamo amici, conoscenti, raggiungiamo circa 100 famiglie tra Salerno e Napoli.
Prenotazioni alla mano, il venerdì si carica il furgone refrigerato, con i prodotti degli associati (arricchiti anche dalla carne, dalle farine, dall’olio, dalle uova, ecc.) e si parte per una sorta di transumanza alimentare, ricongiungendo l’homo-urbanis all’homo-silvestris.
Si rientra tardi, stanchi, ma gratificati dal lavoro svolto.
Ma a questo punto la domanda sorge spontanea…Quanto vale l’attività dell’associazione?
Difficile tirare le somme, ma oggi possiamo iniziare a riflettere su alcuni dati: il prezzo medio dei formaggi venduti è aumentato del 20%, mentre la quantità è cresciuta del 5%.
Grande interesse hanno suscitato i prodotti freschi che, per loro natura, incontrano il gusto di un’ampia fascia di consumatori, soprattutto giovani.
Molti amano l’idea di vivere di agricoltura, tanti rinunciano lungo la strada, pochi sono quelli che resistono, arrancano, cadono, si rialzano e arrivano al traguardo.
Noi chi siamo? Per il momento siamo quelli che resistono.