Molti, ma molti anni fa, con l’amico fraterno Raffaele Sacchi, buttammo giù un’idea di un libro di ricette sulla cucina Cilentana, anzi precisamente, sulle pietanze dei nostri comuni: Pisciotta e Camerota. Logicamente, niente copia e incolla, niente di già visto, in sintesi le ricette, senza quantità di peso, in grammi o in liquidi. Infatti, mettevamo al centro la donna e l’uomo, la storia, il territorio, la filosofia della vita e con essa, l’anima, la vera custode delle nostre azioni e dei nostri sentimenti.
L’anima del Cilento nel piatto, questo il titolo scelto, con prefazione, capitoli e bibliografia. Abbiamo fatto tre ricette, ma nascerà prima o poi questa creatura e vedrà la luce. Questa idea mi dà lo spunto per offrire un contributo a chi ogni giorno, nel nostro territorio e attraverso le più disparate proposte, offre da mangiare, per aiutarlo ad integrare una dispensa basata su materie prime di alto livello qualitativo.
Un operatore della ristorazione del Cilento, o di qualsiasi altro contesto con un forte valore ambientale, dovrebbe bandire dalla sua cucina prodotti troppi commerciali e magari con solfiti, polifosfati, soda e altro, soprattutto se ci riferiamo a quegli alimenti che accompagniamo con salse, condimenti e spezie e che vanno sotto il nome di conserve.
Si dice piede nel passato e testa nel futuro. L’empirismo si coniuga con la scienza, insomma, guardare al passato per andare avanti. E allora, alcuni esempi:
- olive ‘nfurnate (al forno), olive in salamoia, olive all’acqua di mare, olive ammaccate, olive al sale marino, patè di olive, olive verdi con calce e cenere, olive verdi alla calabrese, ecc., e ognuna di queste con altre varianti. Pomodori in barattoli (passati o tagliati), pomodori secchi, pomodori vernili (gialli), pomodori a treccia, pomodori cruschi (Vallo di Diano), ecc.
- Alalunga sott’olio, tonno sott’olio, palamita sott’olio, ventresca di tonno, bottarga di alalunga, ecc.
- Alici di menaica sotto sale, sarde sotto sale, filetti di alici di menaica all’olio evo, ecc.
- Fagioli di Controne, fagioli di Stio, fagioli tabacchini, fagioli carraggiani (tipo borlotti se sono secchi, raccolti verdi dei lardari teneri e senza filo) ceci di Cicerale, cicerchie, farro, maracuoccio, ecc.
- Cipolle di Vatolla, farine, pane, biscotti, ecc.,
- caciocavalli, mozzarella nella mortella, cacioricotta, caprini, pecorino, ecc.
- Fichi dottati, nelle varie tipologie,
- le piante aromatiche essiccate in polvere di Michele Ferrante (rosmarino, mirto, agrumi) e qualcosa d’altro che ho certo dimenticato.
Fare uso di questi prodotti significa valorizzare la filiera del proprio territorio. Più quantità di qualità, più economia. Quando in un sistema l’economia è sostenuta da un gioco di ricaduta sullo stesso, la crescita logicamente diventa un circolo virtuoso. Una conserva della “nonna” o della “mamma” non solo può salvare una serata di ristorazione, ma può diventare una scelta di vita.
Una “conserva”, conserva l’anima di una persona e del suo ambiente, una “conserva” è un educational di territorio, ma soprattutto, ti permette di proporre te stesso.