La resa per ettaro del grano influisce sull’aroma del pane? Pensavo di sì, ma mi sono sbagliato. Anche se qualcosa in più e in quella direzione l’ho capita.
Questa sembrava la volta buona e invece. Partiamo dall’inizio.
Da circa un anno stiamo cercando, attraverso un esperimento rudimentale e grossolano, di capire se c’è una relazione fra la resa per ettaro del grano e la qualità aromatica del pane. In pratica proviamo a produrre due pani partendo da grani che siano stati prodotti in condizioni tali da presentare rese molto diverse.
Questi grani vengono moliti nello stesso mulino e poi la farina viene impastata e infornata nello stesso forno. Quindi la differenza sta solo nella resa per ettaro.
E chiaramente nella varietà del grano, ed è per questo che cerchiamo di trovare grani le cui rese siano le più diverse possibili in maniera tale da ridurre al minimo le eventuali influenze della varietà, del suolo, dell’ambiente.
Abbiamo fatto queste prove per ben quattro volte sia usando grani teneri e sia duri. Le differenze sono sempre risultate evidenti, qualche volta plateali. Il quinto appuntamento era fissato a Bari, dove il Mulino Marino aveva organizzato un corso di formazione per panettieri.
L’accordo era che avrebbero affidato al buon e bravo Stefano Bongiovanni, esperto panificatore, il compito di produrre due pani con due grani teneri le cui varietà e rese erano rispettivamente: Rebelde 20q/ha e Bologna 50q/ha.
Arrivo a Bari e al momento della degustazione i Marino mi portano i due panetti, li tagliano e li fanno assaggiare solo a me. Capisco che loro lo avevano fatto precedentemente e aspettavano il mio responso.
Eravamo nella cucina e c’era un via vai di persone. Insomma, non era la sede ideale e ne terrò conto la prossima volta.
Come si può vedere dalle foto, la prima sorpresa era nel formato, profondamente diverso. Ma siccome a me interessa solo l’odore e il gusto, non gli ho dato peso. Assaggio prima quello più alto e più scuro. L’odore è intenso e lungo, sento l’acidità piuttosto forte, ma era l’effetto del lievito madre, poi lo metto in bocca e noto che anche il gusto è intenso e mediamente lungo.
Passo quindi a quello basso. Lo spezzo e sento una notevole acidità e un odore fortemente tannico e fermentato e comunque meno intenso del precedente. Li ho risentiti e poi mi sono espresso a favore del primo, che mi sembrava con una personalità più spiccata.
Fausto Marino, che nell’attesa girava con fare circospetto, mi gela dicendo che invece era l’altro pane ad essere stato prodotto con un grano a bassa resa.
Dopo un attimo di smarrimento mi sono ripromesso di vederci più chiaro, perché lo so ormai per esperienza che bisogna riannodare tutti i fili per arrivare a capo del problema.
Indubbiamente l’errore c’è. Ma quale è?
È sbagliata la tesi che la resa per ettaro possa incidere sull’aroma, oppure che la tecnica di degustazione che io uso non mi permettere di capire e cogliere fino in fondo il valore di questa relazione?
Arrivo a casa e già la sera assaggio i due pani, ma senza soffermarmici troppo. Noto subito che era sparito quell’odore di fermentato nel pane Rebelde e che l’odore del pane Bologna era invece troppo chiuso.
Capisco il problema, anche perché la stessa cosa mi era capitata con due formaggi Vezzena, diversi solo perché uno era stato prodotto senza fermenti e l’altro con fermenti. Quello con fermenti aveva un odore e un gusto univoco, monocorde.
Mi sono messo allora su Intenet per vedere se c’era qualche pubblicazione scientifica sulle varietà aromatiche del grano.
Per chi volesse farlo, basta andare su Scolar Goggle.com e inserire alcune parole chiave. Io ho inserito: aromatic varieties wheat. Ne ho trovata una di una equipe tedesca che ha studiato 40 varietà di grano.
Ma Google da solo il riassunto, dovevo trovare la versione completa e l’ho fatto. Prima di leggerla mi sono assaggiato con calma i due pani. E mi sono accorto che se avessi dato più importanza alla variabilità dell’odore e del sapore il risultato sarebbe stato diverso.
Perché?
Perché il grano Bologna ha dato un pane dal colore scuro, quasi caffè, dall’odore e gusto intenso ma chiuso, molto stretto. Mentre il pane Rebelde aveva un colore bruno chiaro, era aromatico, meno aggressivo, aperto, in cui l’acidità si alternava alle note di crusca e nocciola.
Per capire meglio questa chiave di lettura dobbiamo per un attimo spostarci verso il vino.
Tutti sanno che ci sono varietà aromatiche e che ciascuna di queste ha una o più molecole che caratterizzano quel vino.
Questo però non incide sul livello qualitativo ma solo sulla sua personalità.
Un Moscato piuttosto che una Malvasia possono costare un euro o 100 euro e comunque quella nota la sentiamo sempre.
Certo, direte e mi sono detto, dopo è tutto più facile e c’è un conflitto di interesse, ma io sono convinto che dobbiamo lavorare sulla tecnica di degustazione se vogliamo cogliere appieno il valore di un alimento.
E comunque, questo esperimento lo ripeteremo il 21 marzo a Napoli in occasione del Festival del Metodo Nobile.
Però la pubblicazione che ho trovato ha dato qualche spunto di riflessione e qualche conferma.
Gli autori hanno testato 40 varietà in tre località diverse. Sintetizzo al massimo. Ammettono che l’aroma è stato poco studiato e che poco si conosce sulle molecole e sui fattori che lo influenzano.
Hanno visto che ci sono varietà più aromatiche di altre, anche se tutto questo lo hanno rilevato solo con l’analisi sensoriale e in base ad un punteggio da 0 a 9. Cosa che mi pare un po’ poco.
E la variabilità? E la persistenza dove le mettiamo? E soprattutto, dicono che non c’è relazione fra resa e aroma.
E ripeto, una affermazione così drastica e importante la ricavano semplicemente perché hanno messo a coltura le stesse varietà in tre località diverse.
Come si fa a tirare fuori queste conclusioni se non si conoscono le molecole implicate, se non si sa come interagiscono con l’ambiente e la resa?
Insomma, la strada a lunga, ma anche questa volta qualche passo avanti lo abbiamo fatto.
Bibliografia
Friedrich Longin, Heine Beck, Hermann Gutler, Wendelin Heiliig, Michael Kleinert, Matias Rapp, Norman Philipp, Alexander Erban, Dominik Brilhaus, Tabea Mettler-Altmann, Benjamin Stich (2020).Aroma and quality of breads baked from old and modern wheat varieties and their prediction from genomic and flour-based metabolite profiles. Food Research International. Volume 129, March 2020, 108748