Siamo il paese che ha inventato la pasta.

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la pasta

Siamo il paese che ha inventato la pasta. Ma non la conosciamo. Soprattutto non conosciamo il . Noi proviamo a capirci qualcosa e il risultato, per ora, non è incoraggiante

Non è la prima volta che il gruppo “edonisti per la pasta” si riunisce intorno ad un tavolo per cercare di capire se la pasta ha un , una sua specifica personalità, un segno distintivo, viste anche la forbice enorme del prezzo e l'agiografia imperante. Siamo ormai alla quarta e nel complesso abbiamo assaggiato una cinquantina di spaghetti prodotti da oltre trenta .

Quale è lo scopo e, di conseguenza, quale metodo applichiamo?

degustazioneQuando si descrive un primo piatto a base di pasta di tutto si parla fuorché della pasta, che per i più è un supporto del condimento. Al massimo si fa un cenno alla sua struttura, al grado di cottura. Che niente hanno a che vedere con l'aroma, con il gusto.

Rimangono parametri che sono influenzati dalla tecnica di produzione e dalla cottura e sui quali ciascuno di noi ha le proprie preferenze.

A noi interessa l'aroma e cioè l'odore e il gusto, perché sono gli unici che ci rimandano al grano, alla sua e specificità. L'odore è importante perché ci manda da subito segnali importanti nel naso e nel retronasale. Le molecole responsabili sono i volatili (acidi, chetoni, aldeidi, alcoli, terpeni e in parte i carotenoidi). Il gusto è semplicemente quella sensazione che abbiamo in bocca non appena ne immettiamo il cibo. Forse è il momento più importante, perché dalla sua forza e lunghezza dipende l'intensità del nostro piacere. Certo a qualcuno potrà piacere corto perché è alla ricerca di gusti delicati e a qualcun altro lungo e intenso, però l'importante è definirlo e misurarlo, anche per poterlo ripetere in fase di produzione, se qualcuno volesse cimentarsi. Quello che poi definiamo aroma non è altro che l'insieme dell'odore e del gusto.

E allora, la pasta ha un aroma e se sì, da cosa dipende? Negli altri prodotti questo metodo funziona. Nei , dalla semplice degustazione possiamo risalire a quello che ha mangiato l'animale, alle erbe o ai mangimi e, quindi, al livello qualitativo del e del formaggio. E nella pasta? Molto più complicato e ce ne siamo accorti anche oggi. Cosa abbiamo fatto. Abbiamo acquistato 14 spaghetti diversi per contenuto proteico e prezzo e a prescindere se fosse o straniero.

La degustazione è stata fatta alla cieca, cambiando sempre l'acqua e senza sale. Due sono i parametri presi in considerazione: l'odore e il gusto. Per ciascuno di questi ci siamo soffermati sulle note odorose o gustative, sull'intensità e sulla persistenza. Alla fine abbiamo espresso un voto su una scala di 5.

 

I dati sono riassunti nella tabella sottostante.

Tabella di valutazione della pasta
Tabella di valutazione della pasta

Provo a riassumere le nostre impressioni e le relative considerazioni.

Odore. Non c'è stato un solo spaghetto che ci abbia colpito per il suo odore. Due sono state le tipologie: odori che riportano all'amido, alla cotta o alla mollica di pane e note di zolfo più o meno accentuate. Vi è da dire che nel complesso l'intensità è alta tanto che il punteggio si mantiene sempre intorno a 3. Ma questo non vuol dire che l'odore ci abbia entusiasmato perché o si trattava di note poco piacevoli (lo zolfo) o il flavour non andava oltre di amido e la mollica. E questo a prescindere dal prezzo, come si vede, molto variabile con un minimo di 0,35 a un massimo di 3,5 euro, quindi dieci volte superiore.

Gusto. Anche il gusto non ci ha entusiasmato. Sempre abbastanza corto e basso. Solo in qualche caso parte in bocca molto intenso per poi cedere quasi subito. Su 14, solo un paio si sono distinti e hanno mostrato un barlume di personalità.

Il problema è capire perché!

La prima risposta la conosciamo e ce la dà la tecnica di molitura. Sappiamo che la semola è costituita soprattutto da amido e proteine, e che le note odorose, e le molecole responsabili del corpo, del gusto (almeno secondo noi) e cioè i polifenoli, sono contenuti nel pericarpo o nell'aleurone. Solo una piccola parte, forse meno del 5%, sta nel germe e nell'endocarpo. Quindi, se noi deliberatamente eliminiamo le molecole responsabili del gusto non dovremmo aspettarci di ritrovare qualcosa nella pasta. E quella nota troppo presente di zolfo? Gli amminoacidi solforati si trovano nell'endocarpo, ma difficile immaginare un loro ruolo diretto. Molto probabilmente dipende dai disinfettanti a base di zolfo che le aziende di stoccaggio usano per conservare il grano. E siccome i mulini da cui si riforniscono le aziende sono pochi e sempre gli stessi, si capisce perché l'incidenza dello zolfo sia stata così alta.

Un'altra osservazione da fare è il prezzo e il contenuto proteico. In questa degustazione ma praticamente in tutte quelle che abbiamo fatto, si vede chiaramente che non c'è alcuna relazione fra prezzo, livello proteico e qualità percepita. A volte, ma non sempre, persino quelle che hanno prezzi bassissimi sono a un buon livello.
Ma a noi non interessa parlare di prezzo. Quello che mi chiedo e ci chiediamo è: perché, nel paese che ha inventato la pasta, dobbiamo rinunciare ad avere un prodotto che abbia una propria personalità, che abbia un gusto e un odore? Che si possa mangiare senza sale e con solo un filo d'olio?  Oppure, capisco le esigenze delle aziende, ma perché le aziende non prendono atto che i non sono tutti uguali e che c'è una fascia che vorrebbe una pasta fatta con un grano a bassa resa (perché le molecole si concentrano) e molito eliminando solamente la crusca e lasciando l'aleurone e il germe? Non sarà certamente un problema di costo, visto che non c'è alcuna relazione fra prezzo e qualità.

P.S. Abbiamo deciso di non riportare i nomi delle aziende visto i risultati non entusiasmanti. Obiettivo di questa rubrica non è quello di emettere giudizi bensì di ”imparare degustando”.